Una parabola sempre attuale – XXX Domenica del tempo ordinario
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È un malessere diffuso anche tra i cristiani: avere «l’intima presunzione di essere giusti» e «disprezzare gli altri». L’evangelista Luca giustifica il racconto della parabola del fariseo e del pubblicano proprio per educare le persone che commettono quegli sbagli.
Il fariseo probabilmente è pio e giusto; non ruba e non tradisce. Abbiamo però l’impressione che in lui non vi sia amore, pur rispettando la legge della decima, nata per aiutare i poveri. Certamente in lui c’è superbia (sta «in piedi»), pregiudizio e disprezzo per chi è differente. Quanto basta per non avere il diritto di condannare nessuno («chi è senza peccato scagli per primo la pietra»). In più, il fariseo non sa nulla della storia del pubblicano. Non sa come mai lo sia diventato e in che modo sta svolgendo il suo lavoro. Anche se fosse il più grande peccatore del mondo, nessuno – tranne Dio – può conoscere il peso delle sue colpe e le circostanze che l’hanno portato a peccare.
Dei peccati del pubblicano non sappiamo nulla, tuttavia notiamo che riconosce le sue colpe battendosi il petto, implorando pietà, senza neppure osare alzare gli occhi al cielo e avvicinarsi al luogo santo del Signore. La sua umiltà gli vale la comprensione e il perdono di Gesù.
Il fariseo non si è nemmeno accorto del suo peccato. Il suo io è troppo imponente, è il vero ostacolo al suo incontro con Dio.

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  • Date: 22 Ottobre 2022