Che cosa è la Liturgia? Al giorno d’oggi non esiste una definizione univoca di liturgia; molti accettano quella di L. Beaudin che definiva la liturgia come “il culto della Chiesa”, intendendo l’insieme dei riti, delle preghiere, i gesti che pongono in essere l’atto di culto. Infatti la liturgia è un’azione propriamente umana, è la risposta che la chiesa dà alla chiamata divina e per questo coinvolge l’uomo in tutte le sue dimensioni, compresa quella corporale (gestualità, senso estetico, comportamenti, azioni simboliche, …) “questa corporeità, sotto tutte le sue forme e secondo le leggi proprie, è veramente causa e non solo condizione dell’intensità umana e sacrale dell’azione liturgica” (M.D.Chenu, in Aa.Vv., La liturgie après le Vatican II, Paris, 1967, p. 166). La liturgia è l’azione di un uomo inserito in una storia, in un’epoca: per tale motivo è sempre influenzata dalla cultura, dalla tradizione, dalla mentalità propria di una società. La liturgia è costituita da tutta una serie di gesti umani (levare le mani in preghiera, incensare, …), di cose umane (cero pasquale, acqua del battesimo, crisma, paramenti, …) che vogliono indicare significati che trascendono la cosa stessa (luce/Cristo, incenso/preghiera, pastorale/potere vescovile, …); tutta la liturgia nel suo complesso poi è il trait-d’union con il mistero di Dio nella storia.
Nella catechesi dell’udienza generale del 3 febbraio 2021, dedicata alla preghiera liturgica, Francesco sottolinea che le liturgie pubbliche e i sacramenti sono “mediazioni concrete” per arrivare all’incontro con Cristo, “presente nello Spirito Santo attraverso i segni sacramentali”. No quindi ad una spiritualità intimistica, ad una preghiera solo individuale, “che non sia radicata nella celebrazione dei santi misteri”. Senza liturgia, il cristianesimo “è senza Cristo”, intimistico, perché i riti liturgici, la Sacra Scrittura e i sacramenti sono “mediazioni concrete” per arrivare all’incontro con il Signore, “presente nello Spirito Santo attraverso i segni sacramentali”. Il cristiano quindi non può affidare solo alla preghiera personale e spontanea, il suo rapporto con il Signore, in una spiritualità che non dà importanza alle liturgie pubbliche. Perché proprio la liturgia è l’atto “che fonda l’esperienza cristiana tutta intera, e perciò, anche la preghiera”.
La comunità parrocchiale, nell’esperienza della fraternità, celebra i santi misteri, incontra il Dio vivente, nutre la propria fede ed è inviata ad evangelizzare nella carità, per questo ogni celebrazione va curata molto; essa non dipende esclusivamente dal presbitero che presiede la celebrazione, ma dal coinvolgimento di tutta l’assemblea nei diversi carismi e ministeri. Sempre più necessario è curare il ministero dell’accoglienza dei fratelli, il canto, le letture, il servizio all’altare; sostenere e incoraggiare la preghiera, rendere l’aula liturgica “casa accogliente” per tutti, favorire la formazione liturgica affinché ogni cristiano comprenda meglio il linguaggio simbolico della liturgia, e possa più facilmente entrare nel mistero di Dio.