Altrove ma presente – Riflessione Domenica dell’Ascensione del Signore
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Come spiegare che Gesù appartiene a Dio, viene da Dio e lì ritorna al termine del suo percorso terreno? Le letture di oggi usano termini vari, tipici del pensiero ebraico. Si riteneva che oltre il firmamento, sopra i cieli, ci fosse il monte di Dio: di qui il «guardare in alto» o «l’essere elevato». La nube era il segno della presenza di un Dio che nessuno (a eccezione di Mosé) poté vedere in volto da vivo. Essere seduti alla destra di Dio (dal salmo 110) significava essere in una posizione invincibile («i nemici come sgabello per i piedi») e certificava che Gesù è veramente «il» Messia.
Nel racconto dell’evangelista Marco che leggiamo quest’anno, la scena è dominata dall’incarico che Gesù dà ai suoi Apostoli: andare in tutto il mondo e predicare la «Buona Notizia» del Regno di Dio. Come a dire: «Io ho fatto il mio tempo, ora tocca a voi!». Come sempre, a una missione corrispondono i doni che consentono di compierla. In questo caso, oltre alle capacità personali, gli Apostoli accompagneranno le proprie parole con i segni del Cristo: guariranno malati senza temere fatiche e contagi, scacceranno demoni, comunicheranno in lingue mai imparate. Nemmeno il male peggiore (serpenti e veleni) potrà distruggerli. Misteriosamente, la sua partenza non è la sua assenza: egli è, come Dio è, l’Esistente, il Vivente. E continua ad agire insieme ai cristiani, diventati mani e piedi suoi.

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  • Date: 14 Maggio 2021