Il vero onore – XXIX Domenica del tempo ordinario
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Se giocassimo a immaginare un onore che ci piacerebbe ricevere, qualcuno penserebbe a un titolo onorifico, a una giornata con una persona importante, a un pubblico riconoscimento delle nostre capacità e realizzazioni.
Non c’è nulla di male a sentirsi onorati, purché la giusta umiltà ci consenta di condividere il merito con chi l’ha reso possibile: i nostri maestri e chi ha supportato e consentito il nostro impegno grazie al suo (ad esempio i propri partner).
Non ci stupisce dunque l’ardire di Giacomo e Giovanni, figli di un tonante Zebedeo, che chiedono un posto in prima fila, nella gloria di Dio, accanto a Gesù. Se siamo affezionati a lui, come non capirli? È facilmente il nostro stesso desiderio.
Il primo insegnamento del maestro è nella linea della verità: ora non sanno cosa stanno chiedendo, non hanno idea del prezzo da pagare per essergli così vicini, bevendo lo stesso suo calice di dolore. Peraltro, nemmeno Gesù ora sa quali anime nel tempo gli saranno state più vicine, chi avrà diritto a quel posto.
Il secondo insegnamento è una massima che ha già ripetuto altre volte. Tra i suoi discepoli il più onorevole è quello che nella pratica si fa servo di tutti: senza pretese e rivendicazioni, felice di dare la vita per il bene altrui, per il riscatto dei bisognosi, per il sogno di un mondo più bello grazie al suo piccolo contributo. Un contributo senz’altro degno di Dio.
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- Date: 16 Ottobre 2021