L’agnello di Dio e il peccato del mondo – Seconda Domenica del tempo ordianario
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Avviene in ogni Eucarestia. Il sacerdote mostra l'ostia consacrata e dice: «Ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo». Oggi il Vangelo mette questa frase in bocca a Giovanni Battista. A noi può sembrare complessa e criptica, ma per un buon ebreo aveva un significato chiaro e importante. L'agnello, infatti, era stato sacrificato al tempo di Mosè, all'uscita del popolo dalla schiavitù d'Egitto. Inoltre richiamava l'esperienza di Abramo nel sacrificio di Isacco e a un «agnello condotto al macello» veniva paragonato il Servo del Signore presentato da Isaia.
Giovanni, con questa intuizione, fu profeta. Anche Gesù avrebbe preso su di sé il peccato del mondo, presentando la stessa l'idea con altri simboli: il pane e il vino, il corpo e il sangue offerti a Dio per far vincere il male dell'ingiusta condanna a morte con il bene del perdono, dell'amore, della fede.
L'attuale traduzione, che ascoltiamo oggi nella lettura, si esprime tuttavia al singolare: il peccato del mondo. È probabilmente la superbia: l'uomo che si ritiene dio, che pretende di conoscere, gestire e imporre la verità, che calpesta il prossimo con la scusa di una presunta superiorità legata alla propria condizione o alla propria storia. Questa è l'origine di ogni peccato, contro Dio e contro l'uomo. Questa è la causa della fine terrena di Gesù, che però fu più forte del male. La sua vittoria non ci esenta dalle responsabilità personali, ma apre la strada alla vita vera. Davvero il male non ha più potere assoluto, perché battuto, una volta e per sempre.

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  • Date: 14 Gennaio 2023