Una parabola sul perdono – XXIV Domenica del tempo ordinario
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«Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Ricordati della fine e smetti di odiare». Gesù avrà avuto in mente queste parole che oggi sentiamo dal libro del Siracide?
Sicuramente le aveva nel cuore. Altrimenti non avrebbe insegnato a pregare: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
Quante volte ci è chiesto di perdonare? A Pietro il numero di sette sarà già sembrato magnanimo, dal momento che nella teologia ebraica Dio perdonava lo stesso peccato tre volte; il giudeo osservante era tenuto a imitarlo, mentre alla quarta offesa poteva rivolgersi alla legge. Gesù corregge questa immagine di Dio, che è sempre disposto a perdonare. E invita i suoi discepoli a mettersi sulla stessa lunghezza d'onda.
Per rafforzare questa richiesta narra la parabola del servo spietato. Ci indigna la differenza di trattamento ricevuto e fatto subire dal protagonista. La sproporzione tra diecimila talenti (una ricchezza impressionante) e cento denari (una discreta somma) è un esempio della diversità che c’è tra i doni che riceviamo da Dio e quelli che possiamo e dobbiamo dare ai fratelli. Il perdono è forse quello che più ci costa, ma è anche quello che ci salva. E rende umana, schietta e vivibile la nostra società.
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- Date: 16 Settembre 2023